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sabato 10 novembre 2012

Tranci di tonno fresco in padella!






La raccolta delle olive...









La canzone dell'ulivo
A' piedi del vecchio maniero 
che ingombrano l'edera e il rovo; 
dove abita un bruno sparviero, 
non altro, di vivo; 
che strilla e si leva, ed a spire 
poi torna, turbato nel covo, 
chi sa? dall'andare e venire 
d'un vecchio balivo: 
a' piedi dell'odio che, alfine, 
solo è con le proprie rovine, 
piantiamo l'ulivo!
II 
l'ulivo che a gli uomini appresti 
la bacca ch'è cibo e ch'è luce, 
gremita, che alcuna ne resti 
pel tordo sassello; 
l'ulivo che ombreggi d'un glauco 
pallore la rupe già truce, 
dov'erri la pecora, e rauco 
la chiami l'agnello; 
l'ulivo che dia le vermene 
pel figlio dell'uomo, che viene 
sul mite asinello. 
III 
Portate il piccone; rimanga 
l'aratro nell'ozio dell'aie. 
Respinge il marrello e la vanga 
lo sterile clivo. 
Il clivo che ripido sale, 
biancheggia di sassi e di ghiaie; 
lo assordano l'ebbre cicale 
col grido solivo. 
Qui radichi e cresca! Non vuole, 
per crescere, ch'aria, che sole, 
che tempo, l'ulivo!
IV 
Nei massi le barbe, e nel cielo 
le piccole foglie d'argento! 
Serbate a più gracile stelo 
più soffici zolle! 
Tra i massi s'avvinchia, e non cede, 
se i massi non cedono, al vento. 
Lì, soffre, ma cresce, né chiede 
più ciò che non volle. 
L'ulivo che soffre ma bea, 
che ciò ch'è più duro, ciò crea 
che scorre più molle.
Per sé, c'è chi semina i biondi 
solleciti grani cui copra 
la neve del verno e cui mondi 
lo zefiro estivo. 
Per sé, c'è chi pianta l'alloro 
che presto l'ombreggi e che sopra 
lui regni, al sussurro canoro 
del labile rivo. 
Non male. Noi mèsse pei figli, 
noi, ombra pei figli de' figli, 
piantiamo l'ulivo!
VI 
Voi, alberi sùbiti, date 
pur ombra a chi pianta ed innesta; 
voi, frutto; e le brevi fiammate 
col rombo seguace! 
Tu, placido e pallido ulivo, 
non dare a noi nulla; ma resta! 
ma cresci, sicuro e tardivo, 
nel tempo che tace! 
ma nutri il lumino soletto 
che, dopo, ci brilli sul letto 
dell'ultima pace!
Giovanni Pascoli -Canti di Castelvecchio-

giovedì 8 novembre 2012

MNESTRA MAR'TATA...(Minestra Maritata)

Oggi vi propongo la '' mnestra mar'tata'' ... 
La minestra maritata, è un piatto di origini campane, usato soprattutto durante le festività come Pasqua o Natale e deve il suo nome al fatto che le verdure si maritano (sposano) con la carne dando luogo alla minestra.
Non tutti sanno però che questo piatto vede le sue origini in Spagna, è infatti una rivisitazione dell' ''olla podrida'', un piatto tipico della penisola iberica risalente al 1200 e portato in Italia durante la dominazione spagnola intorno al 1300. 
Le verdure tipiche per la preparazione della minestra maritata sono: la cicoria, la scarola e la verza, mentre per quanto riguarda la carne, si usa il maiale, tacchiolelle (puntine o spuntature), salsicce, o anche l'osso del prosciutto.
 E' un piatto povero ma molto gustoso...che fa sempre anche la mia nonnina!
Vediamo come si fa'...